Il caso di Marco Vergine e le responsabilità istituzionali

L’uranio impoverito: un veleno taciuto

Utilizzato in munizioni e blindature militari per la sua densità e capacità perforante, l’uranio impoverito è noto per la sua pericolosità, sia radiologica che chimica. Nonostante ciò, non esiste un divieto internazionale al suo impiego. Secondo fonti NATO, durante i conflitti nei Balcani sarebbero stati esplosi oltre 31.000 colpi contenenti questo materiale, con più di 13 tonnellate di sostanza radioattiva disperse anche in aree in cui operava il contingente italiano.

Le autorità italiane, però, hanno spesso negato o minimizzato l’utilizzo di tali armi. Nel 2000, l’allora ministro della Difesa Sergio Mattarella rispose in Parlamento sostenendo che non vi fosse alcuna evidenza di correlazione tra l’uranio impoverito e le patologie riscontrate nei militari. Solo mesi dopo, e sotto la pressione dell’opinione pubblica e delle inchieste, ammise ufficialmente l’uso delle munizioni all’uranio impoverito, rassicurando però sull’efficacia delle misure di protezione adottate — misure che, nei fatti, si rivelarono assenti o del tutto inefficaci.

Le responsabilità dello Stato

La Corte d’Appello di Roma ha sancito con chiarezza la responsabilità del Ministero della Difesa, colpevole di non aver informato adeguatamente i soldati sui rischi legati all’uranio impoverito e di non aver adottato protocolli efficaci per proteggerli. Il cosiddetto “Protocollo Mandelli”, introdotto come misura di sorveglianza sanitaria per i militari di ritorno dalle missioni, si è dimostrato uno strumento privo di reale efficacia, incapace di prevenire le malattie né di garantire un adeguato supporto medico e legale ai malati e alle loro famiglie.

Nonostante queste sentenze civili, nessun procedimento penale ha mai coinvolto i vertici politici dell’epoca. Sergio Mattarella, oggi presidente emerito della Repubblica, non ha mai affrontato conseguenze dirette per le omissioni e le dichiarazioni fuorvianti che hanno caratterizzato la sua gestione del dossier uranio impoverito. Una situazione che alimenta un senso diffuso di impunità e che lascia ferite ancora aperte tra i familiari delle vittime.

Il caso di Marco Vergine

Marco Vergine è l’ultima vittima di questa “strage silenziosa”. Aveva partecipato a missioni internazionali come Constant Guard e Joint Guardian. Due anni fa, la diagnosi di leucemia. Da quel momento, una doppia battaglia: contro la malattia e contro le istituzioni. Aveva avviato un procedimento legale contro lo Stato per il mancato riconoscimento della causa di servizio e per l’inerzia dello Stato Maggiore della Difesa, che — secondo la sua famiglia — non ha fatto nulla per tutelare i militari esposti a contaminanti letali.

Assistita dall’avvocato Davide Di Maio dell’Osservatorio Militare, la famiglia Vergine si è vista costretta a rivolgersi al TAR dopo che la giustizia ordinaria ha negato il nesso causale tra la malattia e l’attività militare. Un vuoto normativo e istituzionale che acuisce il senso di abbandono e ingiustizia.

Una strage evitabile

I numeri parlano chiaro: oltre 7.500 militari ammalati, più di 360 morti. Malattie che potevano essere prevenute o mitigate, se solo si fosse agito con trasparenza, tempestività e responsabilità. Al contrario, lo Stato ha scelto la strada del silenzio, della minimizzazione, della negazione. Una scelta che ha tradito il patto tra il Paese e i suoi servitori in uniforme.

Il dovere della memoria e della giustizia

La morte di Marco Vergine è un monito. Una chiamata alla responsabilità. È tempo che le istituzioni italiane riconoscano con onestà e coraggio quanto accaduto, avviando un percorso reale di risarcimento, prevenzione e trasparenza. Ogni ritardo, ogni omissione, è un ulteriore insulto al sacrificio di chi ha servito il Paese.

L’Italia non può più permettersi di voltarsi dall’altra parte. Onorare la memoria di Marco Vergine e di centinaia di altri militari significa pretendere giustizia, raccontare la verità, e impedire che tragedie come queste si ripetano nel silenzio complice delle istituzioni.

 

Episodio 10 Uranio, strage dei militari

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