Il 12 aprile 2025 è entrato in vigore il nuovo decreto sicurezza, un provvedimento urgente che introduce importanti novità in materia di sicurezza pubblica, tutela del personale in servizio e contrasto alla criminalità organizzata e al terrorismo.

Dal punto di vista delle forze armate, il decreto rappresenta un rafforzamento significativo delle tutele e degli strumenti operativi a loro disposizione. Innanzitutto, viene prevista una maggiore protezione legale per militari e agenti di polizia: chi è indagato o imputato per abusi durante il servizio non sarà sospeso, e lo Stato coprirà le spese legali fino a diecimila euro per ogni fase del procedimento. Questo mira a garantire serenità e supporto a chi opera in condizioni spesso difficili e rischiose.
Un’altra novità rilevante riguarda l’introduzione delle bodycam, dispositivi di videosorveglianza indossabili che potranno essere utilizzati durante i servizi di mantenimento dell’ordine pubblico, controllo del territorio e vigilanza in luoghi sensibili, come stazioni ferroviarie o ambienti penitenziari. Questi strumenti sono pensati per aumentare la trasparenza delle operazioni e la sicurezza degli operatori, oltre a fornire prove in caso di contestazioni.
Il decreto inasprisce inoltre le pene per chi commette violenza o minaccia contro ufficiali o agenti di polizia e pubblica sicurezza, con un aumento della pena fino alla metà e aggravanti specifiche in caso di atti violenti volti a impedire infrastrutture strategiche. Questo rafforza la posizione delle forze armate e di polizia nel loro ruolo di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale.
Infine, il decreto prevede misure più severe per il contrasto al terrorismo, punendo chi detiene o diffonde materiale con istruzioni per atti terroristici con pene fino a 6 anni di reclusione. Questo si inserisce in un quadro di maggiore attenzione alla sicurezza interna e alla prevenzione di minacce complesse.
In sintesi, il nuovo decreto sicurezza offre alle forze armate strumenti più efficaci e tutele rafforzate per operare in un contesto di crescente complessità e rischi. Tuttavia, queste misure sollevano anche dibattiti sul bilanciamento tra sicurezza e diritti civili, un tema che rimane centrale nel confronto pubblico.
Il nuovo decreto sicurezza avrà un impatto diretto sulla vita quotidiana dei militari, offrendo loro maggiori tutele e strumenti operativi. Innanzitutto, i militari indagati o imputati per fatti avvenuti durante il servizio potranno continuare a lavorare senza sospensioni, con lo Stato che coprirà le spese legali fino a 10.000 euro per ogni fase del procedimento. Questo garantisce una maggiore serenità e supporto legale, riducendo l’incertezza che spesso accompagna le indagini.
Inoltre, l’introduzione delle bodycam come dispositivi di registrazione indossabili durante i servizi di controllo e ordine pubblico aumenterà la trasparenza delle operazioni e la sicurezza personale dei militari, fornendo prove in caso di contestazioni.
Il decreto prevede anche pene più severe per chi aggredisce o minaccia i militari in servizio, con aggravanti che aumentano le sanzioni fino alla metà, specialmente se l’atto è volto a impedire infrastrutture strategiche. Questo rafforza la protezione legale e la posizione dei militari nel loro ruolo di tutela della sicurezza pubblica.
Infine, il decreto introduce nuove norme che rendono reato il blocco stradale durante manifestazioni, con pene che possono arrivare fino a sei anni, e punisce la resistenza passiva agli ordini impartiti, anche in contesti di protesta, aumentando così la possibilità di intervento e controllo da parte delle forze armate.
In sintesi, il decreto sicurezza migliora le condizioni operative e le tutele legali per i militari, ma al contempo impone un quadro normativo più rigido che incide anche sulle modalità di gestione delle proteste e dell’ordine pubblico, influenzando quindi la quotidianità e le responsabilità di chi serve nelle forze armate. 
Le critiche principali al nuovo decreto sicurezza riguardano diversi aspetti di natura giuridica, sociale e politica:
Violazione dei diritti fondamentali: Il decreto è accusato di ledere principi costituzionali come la proporzionalità, la ragionevolezza e la tutela dei diritti umani, in particolare per migranti, richiedenti asilo e persone vulnerabili. Viene denunciata la criminalizzazione della marginalità e del dissenso, con norme che aumentano pene e introducono nuovi reati senza fondamento razionale.
Repressione del dissenso: Il decreto è visto come uno strumento per limitare il diritto di protesta, con pene severe per chi partecipa a manifestazioni, anche pacifiche, e per chi protesta nei centri di detenzione amministrativa (CPR). Questo provoca preoccupazioni sul restringimento degli spazi democratici e sulla repressione delle opposizioni sociali.
Aumento del sovraffollamento carcerario: Le nuove norme, con l’introduzione di reati e aggravanti, rischiano di far crescere la popolazione detenuta, aggravando il problema del sovraffollamento e delle condizioni carcerarie già critiche.
Politiche punitive e populiste: Il decreto è criticato come un atto di propaganda che punta più a creare consenso politico attraverso la repressione che a risolvere i problemi reali di sicurezza. Le misure contro accattonaggio, immigrazione e marginalità sociale sono considerate inefficaci e controproducenti, perché non affrontano le cause profonde del disagio sociale.
Critiche da parte di magistrati e penalisti: L’Associazione Nazionale Magistrati e l’Unione delle Camere Penali hanno espresso forti riserve, sottolineando problemi interpretativi, applicativi e costituzionali, e definendo il decreto come un intervento legislativo inadeguato e simbolico, privo di reale efficacia per la sicurezza.
In sintesi, il decreto sicurezza è fortemente contestato per il suo approccio repressivo, la limitazione dei diritti civili e la possibile escalation di tensioni sociali senza un reale miglioramento della sicurezza pubblica.
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